Come i pianeti si muovano nel cielo è una questione che affascina l’uomo sin dall'antichità. Molti modelli ne sono stati presentati nel corso della storia.
MODELLO GEOCENTRICO
Secondo Aristotele (e Tolomeo), il moto dei pianeti e degli altri satelliti (come la la Luna) avveniva in traiettoria circolare attorno alla Terra, posta al centro dell’universo:
i corpi celesti, infatti, erano ritenuti perfetti, ed era quindi
conseguenza che le loro orbite fossero descritte da cerchi concentrici,
forme perfette, infinite, prive di inizio e fine, immutabili; il moto di
ciò che avveniva sulla terra, caduco e corruttibile, obbediva invece a
leggi differenti.
MODELLO ELIOCENTRICO
Lo scienziato polacco Copernico propose un
modello dell’universo in cui al centro era situato il Sole, e attorno
ad esso ruotassero, sempre in orbite circolari concentriche, gli altri
pianeti, compresa la terra: questo rendeva conto di alcuni fenomeni che
si riscontrano sul nostro pianeta, e di molte osservazioni fatte dallo
stesso Copernico; tuttavia, anche il modello copernicano non riusciva a
render conto di molti altri dati raccolti dalle osservazioni
astronomiche.
All’inizio del 1600, lo scienziato tedesco Johannes von Kepler (latinizzato in Giovanni Keplero)
formulò tre leggi, sulla base delle osservazioni del suo maestro danese
Tycho Brahe, che prevedevano perfettamente (e lo fanno tutt’ora) il
moto dei pianeti all’interno del sistema solare.
Va precisato che queste sono leggi sperimentali, ovvero
prevedono correttamente il comportamento dei corpi celesti entro il
sistema solare, in accordo con i dati sperimentali, ma non ne spiegano
le cause.
Prima Legge
L’enunciato della prima legge di Keplero riguarda la forma delle orbite:
- “Le orbite descritte dai pianeti attorno al Sole sono ellissi di cui il sole occupa uno dei fuochi”
Ricordiamo che un ellisse è una figura piana, definita come il luogo dei punti del piano la cui somma delle distanze da due punti fissi, detti fuochi, è costante.
Per la prima legge di Keplero, il Sole occupa la posizione di uno dei due fuochi, mentre l’altro fuoco è lasciato libero; il punto in cui un pianeta orbitante attorno al Sole gli è più vicino si chiama perielio, mentre il punto dell’orbita in cui il pianeta è più distante è detto afelio (sono entrambe parole che derivano dal greco antico: infatti, helios vuol dire “sole”, perì significa “accanto”, e apò significa “lontano”).
La prima legge, oltre a regolare la forma
dell’orbita, fornisce anche un’informazione in più: essendo un ellisse
una figura piana, le orbite avvengono su un unico piano.
Seconda Legge
La seconda legge di Keplero regola la velocità orbitale
di un pianeta: essa non è costante, come in un moto circolare uniforme;
la sua magnitudine è infatti determinata dalla sua posizione.
L’enunciato della seconda legge è il seguente:
- “il raggio vettore che unisce il sole al pianeta orbitante descrive aree uguali in tempi uguali”
Per “raggio vettore” si intende il vettore che possiede per direzione la retta passante per il punto che indica la posizione del pianeta e il punto che indica la posizione del Sole, per verso quello che dal Sole punta al pianeta e per modulo la distanza consistente tra il pianeta stesso e il Sole: in parole povere, una freccia che punta dal Sole al pianeta orbitante. Man mano che il pianeta compie la sua orbita, questo vettore descrive un’area, una specie di “settore ellittico”.
Supponiamo che trascorra un intervallo di tempo di durata
, e che in questo intervallo di tempo il pianeta venga a portarsi dalla posizione iniziale a quella finale , compiendo dunque uno spostamento . La seconda legge asserisce che, fermo restando l’intervallo di tempo , l’area di questo settore ellittico rimane sempre la stessa, indipendentemente dalla posizione di partenza Supponiamo che trascorra un intervallo di tempo di durata
del pianeta:
La velocità del pianeta orbitante non è costante:
come si vede dalle immagini, più il pianeta si trova vicino al sole,
minore è il raggio, e, di conseguenza, al fine di descrivere aree uguali, maggiore deve essere la velocità
con cui il pianeta si muove. Se la velocità fosse costante, le aree
descritte dal raggio pianeta-sole in intervalli di tempo uguali
sarebbero differenti.
Terza Legge
La terza e ultima legge di Keplero concerne il periodo impiegato da un pianeta a compiere un’orbita completa. Essa stabilisce che:
- “il rapporto tra il cubo del semiasse maggiore dell’orbita e il quadrato del periodo di rivoluzione è lo stesso per tutti i pianeti”
Per un’orbita chiusa, il periodo è semplicemente la durata di “un giro completo”. Se chiamiamo
il periodo del moto di un pianeta, e a la misura del semiasse maggiore della sua orbita, la terza legge di
Keplero può essere riassunta dalla seguente formula matematica: