sabato 6 maggio 2017

L'Idrosfera



Più del 70% della superficie terrestre è ricoperto dalle acque dei mari e degli oceani; anche sui continenti è presente acqua, sia in superficie (fiumi, laghi, torrenti, stagni, ecc..) sia in profondità
all'interno della crosta terrestre. Una parte delle acque della Terra è presente nell'atmosfera come vapore acqueo o goccioline d'acqua condensate nelle nubi, nella nebbia, nelle foschie; una parte è, infine, presente allo stato solido, costituendo gli enormi ghiacciai dell'Artide (Polo Nord) e dell'Antartide (Polo Sud), oltre ai ghiacciai e alle nevi presenti sulle cime delle montagne.

Tutta questa enorme massa di acque, allo stato liquido, solido e aeriforme, costituisce quella sfera di acqua (inserita tra la litosfera e l'atmosfera) a cui diamo il nome di idrosfera.


Fiumi, torrenti e laghi rappresentano una piccolissima percentuale delle acque continentali, sono indispensabili per la vita di piante e animali, compreso l'uomo. La Terra è l'unico pianeta del Sistema
solare dove è presente una grande quantità d'acqua. Vista dallo spazio infatti essa ci appare blu proprio perché la sua superficie è in gran parte ricoperta di oceani e mari ed è circondata da un'atmosfera ricca di vapore acqueo.
I mari e gli oceani costituiscono circa il 97% di tutta l'idrosfera; il restante 3% è rappresentato dalle acque continentali, principalmente concentrate nei ghiacciai, che costituiscono l'80% delle acque continentali (ossia circa il 2,4% dell'idrosfera), mentre il restante 20% delle acque continentali è rappresentato dalle acque sotterranee e, in minima parte (meno dell'1%), dalle acque superficiali (laghi, fiumi, umidità del suolo) e dall'acqua presente nell'atmosfera.

IL CICLO DELL'ACQUA

L'energia solare riscalda l'acqua, favorendone l'evaporazione dal mare, dagli oceani, dai fiumi, dai laghi ecc..
L'acqua, passata allo stato di vapore, viene trasportata dai venti
come vapore acqueo, o condensato in goccioline d'acqua che costituiscono le nubi.

Attraverso questo "trasporto aereo" l'acqua può spostarsi da un
luogo all'altro e ritornare sulla superficie terrestre con le precipitazioni; il vapore condensato, che forma le nubi torna al suolo sotto forma di pioggia, neve o grandine (o, ancora, brina o rugiada).
Raggiunta la superficie dei continenti e quella di mari e oceani 
l'acqua può seguire diversi "percorsi": può essere assorbita dal suolo; passare in profondità, nelle acque sotterranee (falde acquifere); rimanere in superficie alimentando i corsi d'acqua (torrenti, fiumi...) e defluire poi nel mare; essere assorbita dalla piante; evaporare nuovamente e ritornare nell'atmosfera.


I MARI E GLI OCEANI

Mari e oceani ricoprono il 70% della superficie terrestre e rappresentano il più grande serbatoio di acqua della Terra, il 97% dell'intera idrosfera.



Vengono attualmente distinti tre grandi oceani, Atlantico, PacificoIndiano, che si continuano presso i continenti con i mari adiacenti disposti tra lembi di continenti, isole e arcipelaghi; tra questi mari vengono detti mari mediterranei quelli quasi interamente circondati da terre (continenti) e collegati agli oceani per mezzo di stretti.

Dai margini dei continenti parte la piattaforma continentale, che, con una lieve pendenza, raggiunge i 200 m di profondità. In alcuni casi (mar Tirreno, coste americane del pacifico) la piattaforma termina poco distante dalla riva, e continua con la scarpata continentale più ripida, mentre in altri casi si estende per molti chilometri al largo (mar del Nord); nell'Adriatico settentrionale e altri mari, infine, la piattaforma continentale costituisce tutto il fondale marino, che risulta perciò poco profondo. Tranne questi ultimi casi, alla piattaforma segue la scarpata continentale che scende rapidamente fino a 4-5000 m di profondità, per raggiungere le platee o pianure abissali, che rappresentano il fondo dell'oceano. Da queste si innalzano le catene montuose delle dorsali oceaniche, che risalgono verso la superficie, mentre le fosse abissali scendono ripide oltre i 10.000 m di profondità.


LA SALINITÀ

L'acqua di mare è salata perché contiene numerosi sali disciolti; la
salinità del mare, ossia la concentrazione di sali per litro di acqua è, in media, di 35 grammi di sali disciolti per litro.

I sali presenti nell'acqua di mare sono diversi, principalmente il
cloruro di sodio (il sale da cucina), che rappresenta più del 70% dei sali del mare, il cloruro di magnesio (11%), solfati, carbonati ecc..
La salinità aumenta con l'aumentare della temperatura, che determina l'evaporazione dell'acqua, ma non dei sali (se evapora l'acqua i sali sono più concentrati). È inoltre influenzata dalla vicinanza dei fiumi (che versano in mare acqua "dolce", riducendo la salinità del mare) o di grandi masse di ghiaccio (nel mar glaciale Artico, d'estate, la fusione dei ghiacciai "rifornisce" di acqua non salata il mare, riducendone la salinità).
Perciò se, in media, la salinità dei mari è di 35 grammi di sali per litro di acqua, nei mari "interni" (mediterranei), l'influenza dei fattori ricordati può determinare valori di salinità molto diversi.
Ad esempio, nel mar Baltico si versano grandi quantità di acque dolci dei fiumi, mentre l'evaporazione è scarsa, poiché le temperature sono spesso rigide: la salinità è perciò molto bassa (2-11 grammi per litro); mentre in mari caldi, come il mar Rosso, per la forte evaporazione la salinità è elevata (40 grammi/litro).
È importante anche la presenza di gas disciolti nell'acqua, in particolare l'ossigeno, necessario per la respirazione degli esseri viventi, e l'anidride carbonica,utilizzata dalle alghe per la fotosintesi clorofilliana, che porta alla produzione di sostanze
nutritive (zuccheri) e alla liberazione di ossigeno.

I MOVIMENTI DEL MARE

Le acque dei mari e degli oceani sono in continuo movimento, per la presenza delle onde, delle correnti marine e delle maree.
Le onde sono oscillazioni della superficie di uno specchio d'acqua (mare, lago), generate dal vento.
In un'onda distinguiamola cresta, che è la parte più alta dell'onda e
il ventre (o cavo), la parte più bassa. La distanza (verticale) tra cresta e ventre è l'altezza dell'onda (normalmente non supera i 7-9 m, nei maremoti raggiunge i 15-18 m), mentre la distanza (orizzontale) tra una cresta e la successiva è la lunghezza dell'onda (in genere è 30 volte l'altezza). La velocità di propagazione dell'onda è lo spazio percorso da una cresta nell'unità di tempo, in media 30-40 km/h nei maremoti supera i 500 km/h).

LE ACQUE CONTINENTALI

La quantità di acqua presente sui continenti costituisce meno del 3% dell'intera idrosfera; tuttavia ha una notevole importanza, perché è acqua dolce, essenziale per la nostra sopravvivenza. Le acque continentali derivano dalle precipitazioni: una parte ritorna rapidamente al mare; una parte torna nell'atmosfera evaporando o attraverso la traspirazione delle foglie; un'ultima parte, infine, passa nel sottosuolo, dove può rimanervi per anni, per poi riemergere in superficie con le sorgenti. La più grossa riserva di acque dolci è costituita dai ghiacci delle cime delle montagne e delle regioni polari.

I GHIACCI

Il ghiaccio deriva dalla neve, attraverso un lento e graduale
processo di trasformazione che dura decine di anni. La neve è formata da fiocchi molto leggeri (densità 0,1) perché i cristalli di ghiaccio intrappolano molta aria. Man mano che cade, la neve si accumula formando strati sempre più spessi; il peso della neve determina una trasformazione dei cristalli, con espulsione dell'aria e compattazione, fino a formare il ghiaccio, a densità molto maggiore della neve (0,9) ma ancora inferiore a quella dell'acqua (1).
I ghiacci sono distribuiti in zone dove le temperature si mantengono gran parte dell'anno al di sotto degli 0 °C. Essi
formano perciò le estese calotte glaciali ai Poli e i ghiacciai
nelle parti più elevate delle montagne.




IL LIMITE DELLE NEVI PERENNI
Perché si possa formare un ghiacciaio la neve deve rimanere sul terreno senza sciogliersi completamente, in modo che nuovi strati possano coprirla e, col loro peso, trasformarla in ghiaccio. La temperatura deve perciò essere per gran parte dell'anno al di sotto degli 0 °C. In ogni regione esiste un'altitudine al di sopra della quale la neve non si scioglie mai completamente e riveste il suolo tutto l'anno: è il limite delle nevi perenni. Questo limite varia con la latitudine: all'Equatore è sopra i 5000 m, sulle Alpi è intorno ai 3000 m, mentre ai Poli è al livello del mare, perché le temperature sono al di sotto degli 0 °C tutto I'anno.

I ghiacci polari. I ghiacci ricoprono quasi interamente i due Poli: le masse rocciose che formano l'Antartide (Polo Sud) sono ricoperte da uno spesso strato di ghiaccio e così è per gran parte della Groenlandia (vicino al Polo Nord) e delle isole dell'Artico. Il Polo Nord, invece, non è un continente, ma un enorme blocco di ghiaccio (il packche galleggia sul mar Glaciale Artico.
Dalle calotte glaciali si possono staccare enormi blocchi di ghiaccio, gli iceberg, che vanno alla deriva verso mari più caldi, dove fondono.
I ghiacciai alpini. I ghiacciai sono grandi masse di ghiaccio che derivano dalla neve depositata sui versanti delle montagne, in genere, su superfici poco inclinate (se le superfici sono troppo ripide la massa di neve si può staccare e franare, costituendo le valanghe). Sotto la spinta del proprio peso la massa di ghiaccio si muove, dirigendosi verso quote più basse. Nel loro movimento, i ghiacciai modellano la superficie terrestre, trascinando con sé rocce più o meno grandi, che vengono dette morene.

approfondimenti:

Scoperto un sistema solare con pianeti forse abitabili



martedì 18 aprile 2017

I Terremoti


Che cos'è un terremoto?

Un terremoto, o sisma, consiste in una rapida sequenza di brusche oscillazioni (scosse) del suolo, determinate dall'improvvisa liberazione di energia da masse rocciose situate nel sottosuolo, a profondità variabile tra 10 e 700 Km. Queste rocce, sottoposte a stiramenti e compressioni, si deformano, comportandosi come un elastico, finché raggiungono il  punto di rottura e si fratturano liberando in un solo istante tutta l'energia elastica accumulata.


Il punto di origine del terremoto è detto ipocentro e in base alla sua profondità i terremoti si distinguono in:
 - superficiali (ipocentro a meno di 70 Km di profondità)
 - intermedi (70-300 Km di profondità)
 - profondi (oltre 300 Km di profondità)
Il punto della superficie terrestre situato sulla verticale dell'ipocentro è detto epicentro ed è in genere il punto in cui si registrano i maggiori danni
Le onde sismiche

L'improvvisa liberazione di energia nell'ipocentro genera vibrazioni che si propagano in tutte le direzioni sotto forma di onde, dette onde sismiche, che vengono registrate per mezzo di sismografi. 



Nel sottosuolo si generano due tipi di onde: 
le onde longitudinali (on P o prime) e le onde trasversali (onde S o seconde).
Le onde P sono le più veloci perché l'oscillazione delle particelle che vibrano avviene lungo la direzione di propagazione delle onde; le onde S (trasversali) sono più lente perché la loro oscillazione avviene in piani perpendicolari (trasversali) alla direzione di propagazione.
Raggiunta la superficie, le onde profonde generano altri tipi di onde, dette onde superficiali, o onde lunghe (onde L), le cui oscillazioni sono piuttosto complesse, paragonabili a quelle che si generano gettando un sasso in una pozza d'acqua. Essendo generate solo dopo l'arrivo delle onde P e S in superficie, le onde L vengono registrate dopo queste. Le onde superficiali sono responsabili dei maggiori danni causati dal terremoto.
Sismogramma: onde P, S e L





I complessi movimenti della superficie terrestre determinati dal sisma (definiti spesso come "ondulatori" o "sussultori") vengono registrati dai sismografi che tracciano i sismogrammi, ossia le registrazioni delle onde sismiche), che consentono di localizzare l'ipocentro (confrontando le registrazioni di tre sismografi di tre stazioni diverse) e valutare l'intensità (magnitudo) del sisma.
Man mano che ci si allontana dall'ipocentro (e quindi dall'epicentro), aumenta la distanza tra le onde P e le onde S nei sismogrammi e le onde L si riducono di ampiezza. Se questo può già dare un'idea della distanza dell'epicentro dal sismografo, per una precisa localizzazione è necessario confrontare i sismogrammi provenienti da tre diverse stazioni.

Le Scale sismiche

Per valutare l'intensità di un terremoto si usano due diverse scale sismiche: la scala Mercalli e la scala Richter.
La Scala Mercalli valuta l'intensità dei danni provocati dal terremoto ed è suddivisa in 12 gradi; dal grado I, che comprende i sismi registrati dai sismografi ma non percepiti dall'uomo (che non causano danni), al grado XII, riferito a terremoti devastanti, che portano alla distruzione totale di tutti gli edifici, al crollo di grandi masse rocciose, alla deformazione dei binari delle linee ferroviarie.
La scala Mercalli non è in grado di valutare con precisione l'energia liberata dal terremoto: infatti, un terremoto molto forte in una zona desertica provoca danni molto limitati, mentre in una zona densamente popolata e in presenza di edifici non costruiti secondo le norme antisismiche è più probabile che un terremoto della stessa energia provochi vittime e danni ingenti.

Nel 1935 il sismologo americano Richter ideò una scala, la scala Richter, basata sull'ampiezza massima delle onde sismiche misurate da un sismografo a 100 Km dall'epicentro e quindi meglio correlata alla reale intensità del terremoto. L'ampiezza dell'area interessata dipende dalla profondità dell'ipocentro: se questo è superficiale, l'area colpita è più ristretta, se è in profondità le onde sismiche raggiungono un'area più vasta (ma saranno più smorzate, poiché l'intensità diminuisce con l'aumentare della distanza dall'ipocentro).

Cause dei terremoti

La maggior parte dei terremoti sono localizzati nelle stesse aree in cui è concentrata la maggior parte dei vulcani, ossia lungo i margini delle placche litosferiche, che si muovono sottoponendo le masse rocciose a grandi tensioni e compressioni. Il 90% circa dei terremoti è perciò di origine tettonica. Una piccola percentuale (circa il 7%) è di origine vulcanica, ma, in genere sono sismi di lieve entità, legati all'attrito del movimento del magma, a eruzioni esplosive, a crolli dell'edificio vulcanico.

Il 3% dei terremoti è, infine, legato a frane o crolli di grotte sotterranee. Vanno inoltre ricordati i terremoti "artificiali", ottenuti mediante esplosioni, in particolare quelle di ordigni nucleari, e le piccole scosse indotte da cariche di esplosivi allo scopo di "sondare" il sottosuolo attraverso la registrazione delle onde sismiche provocate. 






Rischio sismico e sua prevenzione

I terremoti causano danni diretti o indiretti alle persone e alle cose, per effetto dello scuotimento del suolo, che altera la stabilità e la compattezza di tutto ciò che poggia su di esso.
le conseguenze di un terremoto dipendono da diversi fattori: l'intensità del terremoto, la densità delle costruzioni presenti nell'area colpita, il tipo di costruzioni, la struttura del sottosuolo.
Particolarmente temibili nelle regioni costiere sono i maremoti (tsunami), caratterizzati da onde alte decine di metri. l'onda del maremoto rappresenta l'amplificazione delle vibrazioni sismiche che dal fondale marino si trasmettono alla massa d'acqua soprastante.
Altre conseguenze indirette del terremoto sono le epidemie causate dall'inquinamento delle acque per la rottura delle condutture idrauliche e fognarie e dalla presenza dei corpi di animali e persone in decomposizione: è questo un rischio presente in ogni sisma di grave entità come quello del 26 gennaio 2001 in India.

Previsione dei terremoti. Le aree più soggette a scosse sismiche corrispondono ai margini delle placche litosferiche dove si hanno movimenti di masse rocciose lungo le fratture (faglie). Tuttavia, è estremamente difficile individuare il punto in cui, in presenza di una faglia attiva, si verificherà il terremoto: i sismologi sono in grado, attraverso accurati studi geologici (dati statistici che valutano la "storia sismica" dell'area), di individuare solamente delle aree a rischio.
La ricerca di segni premonitori è meno attendibile rispetto a quelli collegati alle eruzioni vulcaniche, perché a volte mancano del tutto oppure si verificano molto tempo prima del terremoto. Possono essere deformazioni del suolo, variazioni delle frequenza dei microsismi, variazione del rapporto tra le velocità delle onde P e S (più dura questa anomalia e più intenso sarà il terremoto), variazioni del contenuto di radon nelle acque sotterranee, anomalie del campo elettrico e magnetico, anomalie nel comportamento degli animali, che "sentono" in anticipo l'arrivo del terremoto (in Cina si allevano a questo scopo i tacchini, che sono particolarmente sensibili).


Terremoti, Italia tra le superplacche africana ed euroasiatica: i geologi fanno il puntoPer approfondire 

Quella linea di faglia lungo l'Appennino che scatena i terremoti   




mercoledì 29 marzo 2017

I VULCANI




Magmi e attività vulcanica

All'interno della crosta terrestre e delle parti più esterne del mantello sono presenti masse di rocce fuse a temperature comprese tra 700 °C e 1400 °C, costituenti i magmi.
I magmi si differenziano in base al contenuto in silice:

  • Magmi acidi, a maggior contenuto di silice, sono viscosi (poco fluidi) e, in genere hanno una temperatura più bassa (7-800 °C) 
  • Magmi basici, hanno un contenuto di silice più basso, sono più fluidi e raggiungono temperature superiori a 1000 °C (1200-1400 °C)
Se i magmi si raffreddano e si solidificano all'interno della crosta terrestre formano rocce magmatiche intrusive.
Se i magmi risalgono fino alla superficie terrestre, attraverso fratture della crosta terrestre, danno origine ad attività vulcanica.

L'attività vulcanica è dunque caratterizzata dall'emissione di gas e magma attraverso una fessura della crosta terrestre. Il magma che esce in superficie prende il nome di lava.

Prodotti vulcanici

Si ha emissione di prodotti solidi, liquidi e aeriformi (gas).




  • GAS VULCANICI: costituiti per più del 90% da vapore acqueo; ci sono poi idrogeno, acido cloridrico, acido fluoridrico, acido solfidrico, anidride carbonica e altri gas. I gas facilitano la risalita in superficie del magma, comportandosi come l'anidride carbonica che forma le "bollicine" dello champagne; quando si stappa la bottiglia, la pressione interna cala di colpo e il gas fuoriesce trascinando con sé parte del liquido contenuto nella bottiglia.
  • LE LAVE: sono prodotti vulcanici liquidi, come i magmi da cui derivano, possono avere caratteristiche differenti, in base al contenuto in silice e alla loro temperatura. I diversi tipi di lava  determinano differenti tipi di attività vulcanica: lave acide, più ricche di silice e a temperatura più bassa (700 °C), sono viscose, ossia poco fluide e sono perciò associate a un'attività vulcanica di tipo esplosivo, perché la lava esce con difficoltà dal cratere e lo tappa, cosicché la pressione all'interno aumenta fino a far esplodere il tappo. lave basiche, ricche di ferro e magnesio e povere di silice, hanno temperature più elevate (oltre i 1000 °C); sono perciò più fluide e associate a un'attività vulcanica di tipo effusivo (la lava fluida scorre liberamente).La lava in superficie si raffredda e solidifica rapidamente, dando origine alle rocce magmatiche effusive. 


  • PRODOTTI VULCANICI SOLIDI: sono detti piroclasti, o materiali piroclastici, e sono costituiti da brandelli di lava solidificati prima di ricadere al suolo e da rocce preesistenti distaccate con forza per effetto dell'eruzione. I materiali piroclastici si distinguono in base alle loro dimensioni: i più voluminosi sono le pomici, estremamente leggere, le scorie, le bombe (a forma di proiettile), i blocchi e hanno diametro superiore a 64 mm; tra i 2 e i 64 mm sono lapilli, sotto i 2 mm ceneri e le più fini sono le polveri

VULCANI A SCUDO E VULCANI A STRATO

Il magma (sotto forma di lava) che fuoriesce da una frattura della crosta terrestre si accumula solidificandosi e forma imponenti edifici o montagne vulcaniche, più comunemente chiamati vulcani.

Se la fuoriuscita di lava è localizzata in un punto si ha un'eruzione centrale.
Se la fuoriuscita di lava avviene lungo lunghe fessure si ha un'eruzione lineare, come avviene sui fondali oceanici, dove la continua emissione di lava basaltica ha portato alla formazione delle dorsali oceaniche. 

La forma dei vulcani dipende dal tipo di magma, in particolare dalla sua fluidità


Vulcano a scudo



è più largo che alto; si origina da magma basico, quindi più fluido, per cui la lava tende a scivolare lungo i pendii del vulcano in formazione che sarà perciò relativamente piatto e ampio con un profilo arrotondato.



Vulcano a strato
E' costituito da una successione di strati di lava e di materiali piroclastici. Ha una forma a cono; si origina da magma acido, poco fluido; è più alto e con pareti più ripide, perché la lava solidifica rapidamente dopo la fuoriuscita dal cratere.


Caldera




Depressione prodotta dal crollo del tetto della camera magmatica



Duomo vulcanico (o lavico)

La lava molto densa si accumula sopra il cratere

STRUTTURA DEL VULCANO 



Tutti i vulcani sono costituiti dalle stesse parti:
  • La camera magmatica (o bacino vulcanico), posta all'interno della crosta terrestre, che è il luogo in cui si raccoglie il magma;
  • il camino (o i camini), che mettono in comunicazione il bacino magmatico con l’esterno;
  • il cratere, che è lo sbocco del camino sulla superficie terrestre; se vi sono più camini, vi sono naturalmente anche più crateri.

Le eruzioni possono avvenire attraverso il cratere principale, alla sommità del vulcano (eruzioni sommitali) oppure attraverso un cratere secondario (o avventizio), situato lungo le pareti laterali del vulcano (eruzioni laterali) e collegato per mezzo di un camino accessorio alla camera magmatica.




VULCANISMO SECONDARIO



L'attività di un vulcano, dal momento della sua nascita, dura centinaia di migliaia di anni, fino alla sua completa estinzione.

L'attività può essere prolungata nel tempo (attività persistente), come avviene per lo Stromboli, attivo da più di 2000 anni, oppure può essere caratterizzata da brevi periodi eruttivi (attività parossistica); spesso si alternano, tra una fase di attività e l'altra, lunghi periodi di riposo, o quiescenza, durante i quali il vulcano appare spento (ma, in realtà non lo è): il Vesuvio, ad esempio, non erutta più dal 1944, tuttavia, è tutt'altro che spento e viene mantenuto costantemente sotto osservazione.

Nella fase finale della "vita" di un vulcano si manifestano i fenomeni di vulcanismo e magmatismo secondario, caratterizzati dall'emissione di gas e vapori. Tra questi fenomeni ricordiamo:

  • Le fumarole: emissioni di acqua calda, vapore acqueo e anidride carbonica attraverso fessure del terreno, frequenti vicino a Napoli, alle pendici dell'Etna, in Sicilia, e, ancora, nelle Eolie.
  • Le solfatare: sono emissioni di vapori caldi (150°C) ricchi di composti dello zolfo, dal colore giallo, che formano cristalli intorno al loro sbocco in superficie. Caratteristico è l'odore di uova marce.
  • Le sorgenti termali: molto diffuse in Italia (Abano, Montecatini, Ischia, Bormio ecc.) sono costituite da acque calde, ricche di gas e sali minerali, spesso sfruttate per le loro proprietà terapeutiche.
  • I soffioni boraciferi: come quelli di Larderello, sono getti di vapore acqueo, acido borico e altri gas che fuoriescono ad alta pressione e temperature di circa 200 °C attraverso fessure del terreno, raggiungendo fino a 20 metri di altezza e vengono sfruttati per la produzione di acido borico e di energia termoelettrica.
  • I geyser: sono getti di acqua calda emessi a intervalli regolari, che possono raggiungere decine di metri di altezza. Famosi sono quelli dell'Islanda e quelli del Parco Naturale di Yellowstone, negli USA. L'acqua alla base del condotto sotterraneo del geyser si riscalda a contatto con il magma e diventa vapore che si libera nell'aria trascinando con sé l'acqua sovrastante solo quando ha raggiunto una pressione sufficiente a sollevare tutta la massa d'acqua.
ORIGINE E DISTRIBUZIONE DEI VULCANI

Se osserviamo la distribuzione geografica dei vulcani attivi sul nostro pianeta notiamo come essi siano concentrati solo in alcune "fasce" che corrispondono alle fasce in cui si verificano più terremoti. 
La più importante fascia vulcanica è rappresentata dalle dorsali oceaniche, che emettono dalle lunghe fessure della fossa tettonica enormi quantità di lava basaltica.
Una concentrazione di vulcani è presente nella cosiddetta "cintura di fuoco" del Pacifico, che comprende archi di isole vulcaniche situate a Nord (isole Aleutine) e a Ovest (Giappone e Filippine) e i vulcani delle Cordigliere americane a Est. In questi vulcani le eruzioni sono esplosive.
Questa particolare distribuzione di vulcani non è casuale, ma strettamente collegata alla struttura della litosfera: infatti, più del 90% dei vulcani è localizzato lungo i margini delle placche placche litosferiche. Solo il 5% dei vulcani è situato lontano dai margini delle placche e si ritiene che essi siano situati in corrispondenza dei punti caldi, zone caratterizzate da un notevole flusso di calore proveniente dalla profondità del mantello, con magmi basici. Il più noto di questi punti caldi si trova nell'arcipelago delle Hawaii e alimenta un imponente e vasto vulcano a scudo.
Nelle eruzioni esplosive possono verificarsi numerosi fenomeni che possono determinare gravi perdite di vite umane.
Innanzitutto, ceneri, lapilli, scorie e bombe vulcaniche possono ricadere al suolo, anche incandescenti: Pompei fu seppellita dall'eruzione del Vesuvio del 79 d.C. sotto uno strato di cenere e lapilli di 3 metri di spessore.
Gas e ceneri vulcaniche ad alta temperatura possono propagarsi orizzontalmente, a cerchi concentrici (ondate basali), come nelle esplosioni nucleari, provocando la morte per le elevate temperature o per asfissia.
Oppure, i materiali piroclastici, misti a gas, possono rotolare lungo il pendio del vulcano formando le nubi ardenti, come quella che distrusse la cittadina di St. Pierre nell'isola di Martinica. Anche in questo caso la temperatura è molto elevata (alcune centinaia di gradi centigradi) e la velocità può superare i 180 km/h.
I materiali piroclastici possono impregnarsi di acqua (proveniente dalle piogge, da neve o ghiaccio presenti sul vulcano, oppure da falde acquifere) e formare colate di fango, dette lahar, che rovinano a valle seppellendo interi centri abitati, come avvenne a Ercolano, che fu sepolta da un immenso lahar nell'eruzione del Vesuvio del 79 d.C.
Altri pericoli possono derivare da esalazioni di gas, anche in assenza di attività eruttiva: una nube di anidride carbonica che emanò dal lago vulcanico di Nyos in Camerun, nel 1986, provocò la morte di 1700 persone; o, infine, dalle frane conseguenti al crollo delle pareti del vulcano, che possono causare violenti maremoti, come quello che seguì l'eruzione del Krakatoa del 1883, causando oltre 36.000 vittime.

Approfondimenti





Isola vulcanica di Surtsey




Vesuvio


Eruzione di tipo pliniano

domenica 26 febbraio 2017

Deriva dei continenti e movimento delle placche


Già nel 1912 lo scienziato Alfred Wegener raccolse numerose prove a favore della teoria della deriva dei contitenti.
Secondo questa teoria, fino a 200 milioni di anni fa, i continenti erano riuniti in un'unica massa galleggiante sul mantello, un super continente chiamato Pangea, circondato da un'unico oceano, chiamato Panthalassa. Successivamente, la massa continentale, più leggera e meno densa del sottostante mantello, cominciò a fratturarsi in diverse parti, che, galleggiando su di esso, si allontanarono tra di loro, andando alla deriva, fino a raggiungere le attuali posizioni.
Wegener produsse numerose prove a sostegno della sua teoria; tra di queste le più valide sono le seguenti:




  1. la linea della costa africana occidentale corrisponde perfettamente a quella della costa americana orientale
  2. esiste una corrispondenza precisa anche nel tipo di rocce presenti: riavvicinando idealmente i due continenti troviamo una notevole coincidenza (stessa età, stesso tipo di deformazioni) nelle rocce presenti nelle due sponde
  3. sono presenti fossili di piante e animali della stessa specie in entrambi i continenti, nonostante essi siano separati da vasti oceani


L'espansione dei fondali oceanici

Le prove decisive della validità della teoria  della deriva dei continenti giunsero solo alla fine degli anni Sessanta, grazie allo studio dei fondali oceanici, effettuato da navi munite di ecoscandaglio. Grazie agli ultrasuoni, queste navi hanno individuato la presenza di lunghissime catene montuose (complessivamente più di 60.000 Km) che si innalzano dai fondali (o pianure abissali) fino a 3000 m di altezza: le dorsali oceaniche.
Le dorsali sono solcate per tutta la loro lunghezza da profonde fosse, dette fosse tettoniche (o rift valleys) della larghezza di qualche decina di Km. 



La crosta che si forma spinge lateralmente quella già esistente, determinando una continua espansione dei fondali oceanici.
Finché le dorsali continuano a essere attive e a emettere nuova crosta, i fondali oceanici si espandono; contemporaneamente, mentre a livello delle dorsali si forma nuova crosta, sono state individuate zone dei fondali oceanici dove si ha distruzione della crosta, che si immerge e si fonde nel mantello: sono le fosse oceaniche, delle zone in cui il fondo dell'oceano raggiunge maggiori profondità, fino a 13 Km.




Cosa sono le placche?

Le placche terrestri sono formate dalla litosfera, l'involucro rigido che avvolge il pianeta, composto dalla crosta terrestre e dallo strato superiore del mantello.



Infatti su tutto il pianeta la litosfera è divisa in un gran numero di frammenti chiamate placche litosferica o zolle che trasportano su di esse oceani e continenti: possono esistere placche formate da sola crosta oceanica come quella del pacifico ma anche placche che trasportano crosta oceanica e continentale come la placche americana e africana sulla quale, oltre ai rispettivi continenti, insiste l’oceano Atlantico.
Come abbiamo già detto, il motore che muove le placche deriva dal moto convettivo del mantello. 
Si può immaginare che la litosfera, fredda e rigida, possa “galleggiare” sul sottostante mantello caldo e plastico, dove movimenti convettivi frammentano la litosfera e sospingono le placche tettoniche. Sotto la litosfera c’è quella parte del mantello chiamata astenosfera (dal greco asthenes = debole); le sue rocce parzialmente fuse si comportano come un liquido ad alta viscosità, meno denso e più plastico rispetto al mantello sottostante, una sorta di cuscinetto a sfere sul quale le placche possono scorrere e “galleggiare” sospinte dalle correnti convettive. Le placche galleggiano perché più fredde, meno dense e dunque più leggere (a parità di volume) rispetto al sottostante mantello astenosferico, in accordo con il ben noto principio di Archimede.


Margini convergenti

I geologici hanno studiato i comportamenti delle placche osservando quello che accade lungo i loro margini, in pratica si sono posti una semplice domanda: che cosa possono fare due placche confinanti?

Due placche potrebbero avvicinarsi? E come potrebbero farlo se sono già a contatto? Semplice, basta che l’una scivoli sotto all'altra, in questo modo la più pesante (quella formata da crosta oceanica) scorrerà sotto la più leggera (quella formata da crosta continentale).
E dove va a finire la placca più pesante? S’inabisserà nel mantello terrestre (subduzione), dove temperature dell’ordine di migliaia di gradi la faranno fondere. E’ così che le placche muoiono e’ questo è il motivo per cui i margini convergenti sono anche chiamati distruttivi, perché consumano la litosfera attraverso la subduzione come sta avvenendo lungo le coste del Perù e del Cile.
Da Bosellini, modificato

Ma che cosa succede se si scontrano due placche formate da crosta continentale che hanno lo stesso peso? Nessuna delle due andrà in subduzione e si otterrà uno scontro dove, come negli incidenti automobilistici, si avrà una sorta di deformazione e "accavallamento" dei materiali coinvolti nel "sinistro" (i geologi parlano più correttamente deformazione e impilamento delle falde). Su scala planetaria questo fenomeno inspessisce la crosta terrestre, in altre parole è cosi che si creano le montagne, un fenomeno che i geologi chiamano orogenesi e interessa la catena alpino-himalayana.




Margini divergenti


Che cosa succede invece quando due placche si allontanano? Immaginiamo la litosfera tirata in due direzioni opposte dai moti convettivi. Come se fosse la pasta della pizza allungata tra le mani del pizzaiolo, la litosfera si assottiglierà fino al punto di lacerarsi, creando una lunga fessura che separerà, in due placche, la litosfera. Particolare curioso, è che la fessura, a causa dell’intenso calore, presenta i bordi inarcati verso l'alto, per cui assume la forma topografica di due catene montuose che corrono parallele separate da una valle, da qui il nome di dorsale medio oceanica. Dalla fessura, giungono in superficie i magmi provenienti dalla sottostante astenosfera che, colmando lo spazio lasciato vuoto dalle placche che continuano ad allontanarsi, producono un nuovo tipo di litosfera: la litosfera oceanica. Poiché “produttori” di nuova litosfera i margini divergenti sono chiamati anche margini costruttivi. La litosfera oceanica, sottile, densa e pesante provoca una depressione sulla crosta terrestre, sempre più ampia man mano che le placche si allontanano, in cui confluiranno le acque del pianeta: nasce un oceano.

Con quale velocità l'Atlantico si sta espandendo? Da 150 milioni di anni, l’Europa e l’America continuano ad allontanarsi l’una dall'altra, producendo nuova litosfera oceanica tra i due continenti. Questa litosfera, stirata e assottigliata, costituisce il fondale dell’oceano Atlantico che si allarga ogni anno di qualche centimetro man mano che i continenti si allontanano. Al centro dell’oceano una lunga fessura corre lungo la Dorsale Medio Atlantica separando la placca euro-asiatica da quella americana. Ecco spiegato perché ogni hanno il viaggio da Parigi a Washington diventa di qualche centimetro più lungo. 




Margini trasformi (o Conservativi)

Nel margine trasforme le due placche scivolano l'una rispetto all'altra, senza che vi sia né produzione di crosta, come avviene nelle dorsali oceaniche, né distruzione di crosta, come nelle zone di subduzione.
I margini trasformi sono sottoposti ad enormi tensioni che generano terremoti anche di notevole intensità.

Oltre all'attività sismica superficiale, non si verificano fenomeni endogeni di rilievo tranne che a volte è presente qualche vulcano sottomarino.

I margini trasformi sono presenti solamente nelle aree oceaniche, con un'unica eccezione: la faglia di S. Andreas, in California. 



faglia di San Andreas
Nelle fasi iniziali di apertura di un oceano le faglie interessano direttamente il continente. In questo caso, il margine continentale trasforme è caratterizzato da ripide scarpate tra continente e oceano. Esempi di margini continentali trasformi si trovano sulla costa africana tra Liberia e Camerun, cioè il lato settentrionale del Golfo di Guinea, e sulla costa brasiliana tra Recife e la Guyana.



Principali placche tettoniche

Le placche maggiori sono:

venerdì 27 gennaio 2017

Minerali e Rocce

Un minerale è una sostanza naturale solida, con due caratteristiche fondamentali: 

1) una composizione chimica ben definita (o variabile entro ambiti ristretti) 

2) una disposizione ordinata e regolare degli atomi che la costituiscono, fissa e costante per ogni tipo di minerale.

I minerali sono in genere di origine inorganica, ma vengono considerati minerali anche sostanze come i carboni, gli idrocarburi e l’ambra, la cui formazione passa attraverso processi biologici. 

Per rocce si intendono gli aggregati naturali di minerali (corpi inorganici formati in seguito a processi spontanei). Tuttavia, al contrario di questi ultimi, le rocce non possono essere espresse o definite mediante formule in quanto non presentano una composizione chimica definita.


Quasi tutti i minerali hanno una struttura cristallina,  cioè un’«impalcatura» di atomi regolare e ordinata. Da questa struttura
 invisibile si origina la forma esterna del minerale, che è invece ben visibile e altrettanto regolare e che viene chiamata abito cristallino o cristallo.
Struttura del salgemma

 Un cristallo, quindi, è un solido geometrico con facce, spigoli e 
vertici che si originano per la crescita progressiva, atomo dopo atomo per miliardi di volte, di una struttura tridimensionale elementare di dimensioni infinitesime.
Tipici minerali a struttura cristallina sono il salgemma (cristalli a forma cubica) il quarzo, il diamante.


Salgemma
Anche il ghiaccio ha una struttura cristallina, anzi, il termine cristallo significa proprio ghiaccio (dal greco krystallos).


Ghiaccio

In alcuni minerali invece gli atomi sono disposti in modo disordinato  e il solido che ne deriva  non ha una forma geometrica  precisa , ma è amorfo (dal greco, "privo di forma").
L'ossidiana, come il vetro, non ha una struttura cristallina, ma è amorfa.
Ossidiana
La struttura cristallina di un minerale è riconoscibile a occhio nudo solo se il cristallo si è formato lentamente e ha avuto spazio sufficiente per svilupparsi.
Tuttavia, poiché i minerali si aggregano a formare le rocce, i singoli cristalli molto spesso non sono liberi di svilupparsi, perché sono limitati dalla presenza di altri cristalli, della stessa o di altra specie minerale.


Classi di appartenenza dei minerali principali

  1. Elementi nativi : metalli (oro, argento, platino, rame, ferro); semimetalli (arsenico, bismuto); non-metalli (zolfo, diamante, grafite).
  2. Solfuri : Galena (PbS), Pirite (FeS2)
  3. Ossidi e Idrossidi: Ematite (Fe2O3)
  4. Alogenuri : salgemma (NaCl), silvite, fluorite (CaF2)
  5. Carbonati : Calcite (CaCO3), Dolomite (CaMg[CO3]2)
  6. Fosfati : (PO4)3-: apatite, idrossiapatite, cloroapatite
  7. Solfati: Anidrite (CaSO4), Gesso (CaSO4-2H2O)
  8. Silicati : SiO4: nesosilicati, sorosilicati, ciclosilicati, inosilicati, fillosilicati, tectosilicati. Olivina (Mg,Fe)2 SiO4, granati, pirosseni (SiO3), anfiboli (Si4O21), miche, minerali argillosi (Si2O5), feldspati (SiO2), berilli, quarzo. 
La classe dei silicati comprende numerosi minerali:
i silicati, infatti, formano più del 90% della crosta terrestre
Se il carbonio è l’elemento caratteristico del mondo vegetale e animale, il silicio lo è del mondo minerale. Non è un caso che entrambi gli elementi appartengono allo stesso gruppo della tavola periodica (gruppo IV). Infatti, sia pure in modo più limitato, il silicio come il carbonio, ha la proprietà di formare catene di atomi e quindi di poter dare origine ad un’ampia gamma di composti. Nei silicati gioca un ruolo determinante l’ossigeno: non si hanno, infatti, catene –Si-Si-, bensì –O-Si-O-Si- che possono essere lineari, ramificate, cicliche, intrecciate tra loro. Tutti i silicati hanno come unità base il gruppo SiO4 in cui un atomo di silicio è al centro di un tetraedro ai cui vertici si trovano quattro atomi di ossigeno.

Questi tetraedri si possono trovare isolati, come nel caso dell'olivina (neosilicati), oppure riuniti a formare catene lineari singole (pirosseni) e doppie (anfiboli), lamine sottili (miche) o strutture tridimensionali complesse (quarzo, feldspati). Il collegamento tra i tetraedri è ottenuto per mezzo degli atomi di ossigeno, che fanno da "ponte" tra un tetraedro e l'altro. Man mano che la struttura si fa più complessa, aumenta il numero di atomi di ossigeno in comune tra i tetraedri collegati e aumenta pure il rapporto tra atomi di silicio e atomi di  ossigeno (da 1:4 nell'olivina a 1:3 nei pirosseni e negli anfiboli, a 1:2,5 nelle miche e 1:2 nel quarzo),  cioè, se il rapporto aumenta, il numero degli atomi di ossigeno diminuisce. La forma dei silicati varia a seconda di come i tetraedri di SiO4 si collegano tra di loro: pirosseni e anfiboli hanno forma allungata (catene di SiO4 ), le miche hanno una struttura appiattita, a lamine.

L'olivina chiamata anche Peridoto è un minerale silicatico che fa parte dei nesosilicati, caratterizzati da tetraedri isolati di SiO4.
L'enstatite  [MgSiO3-(Mg,Fe)SiO3 ] è un ortopirosseno ricco in Mg, comune in peridotiti e gabbri; ma si trova comunemente anche in molte rocce metamorfiche di alto grado.
L'antofillite è un minerale, un anfibolo appartenente al sottogruppo degli anfiboli di magnesio-ferro-manganese 
Il talco [Mg3Si4O10(OH)2] è un minerale, un fillosilicato di magnesio, molto diffuso sulla Terra e il cui uso è noto sin dall'antichità.
Il quarzo (diossido di silicio, SiO2,[1] dal tedesco Quarz[?·info][2]) è il secondo minerale più abbondante nella crosta terrestre (circa il 12% del suo volume[3] ) dopo i feldspati.


Feldspato è il nome di un importante gruppo di minerali che costituiscono probabilmente il 60% della crosta terrestre


I silicati si dividono anche in:
-SIALICI (o acidi), ricchi di silicio e alluminio (quarzo, feldspati, plagioclasi)
-FEMICI (o basici), che contengono ferro e magnesio, di colore scuro (olivina, pirosseni, anfiboli)

LE ROCCE

La roccia è un aggregato naturale di più minerali

Le rocce si classificano in tre gruppi:

1- ROCCE IGNEE O MAGMATICHE
2- ROCCE SEDIMENTARIE
3- ROCCE METAMORFICHE

ROCCE MAGMATICHE

Derivano dal magma, una massa di materiale fuso, a temperatura elevatissima. Dall'interno della crosta terrestre o del mantello sottostante, dove si hanno temperature e pressioni elevatissime, il magma può risalire più in superficie, dove trova temperature più basse, quindi si raffredda e diventa solido. Si formano così le rocce magmatiche.
Le rocce magmatiche si dividono in:


1-ROCCE INTRUSIVEsono le rocce magmatiche che si sono solidificate all'interno della crosta terrestre, con un lento raffreddamento ed in condizioni di elevata pressione dovuta alle rocce soprastanti. La solidificazione dei magmi avviene a temperature superiori ai 600-700 °C ed in tempi molto lunghi, per cui i cristalli che si formano sono di grandi dimensioni con aspetto di granuli. Il magma fluido tende, inoltre, ad insinuarsi in cavità di altre rocce o di roccia da poco solidificatasi ove si solidifica esso stesso formando dei filoni o delle tasche.Le rocce intrusive possono venire alla superficie a causa dei movimenti della crosta terrestre e degli effetti demolitivi degli agenti meteorici sulle rocce soprastanti.La struttura delle rocce intrusiva è detta granitoide, dal granito che è l'elemento più rappresentativo.


2- ROCCE EFFUSIVE: sono rocce magmatiche che si solidificano a contatto con l'aria; il magma fuoriesce dalla crosta terrestre attraverso condotti o fenditure e, rapidamente, solidifica con un brusco passaggio da temperature di circa 1000 -1300 °C alla temperatura ambientale, con l'abbassamento di pressione di alcune migliaia di atmosfere e la dispersione delle sostanze gassose nell'aria. Pertanto la cristallizzazione in elementi di dimensioni visibili ( fenocristalli ) avviene solo in piccola parte in profondità e durante il passaggio attraverso la crosta, mentre la maggior parte dei fusi solidifica alla superficie in cristalli molto minuti o, in alcuni casi, in massa amorfa ( vetro )La struttura delle rocce effusive è detta porfirica, dal porfido che è l'elemento più rappresentativo.


ROCCE SEDIMENTARIE

Originano da depositi di frammenti di rocce e minerali di diversa provenienza (sedimenti) attraverso un complesso processo che comprende le seguenti fasi:


  1. EROSIONE DELLA ROCCIA MADRE: l'erosione e l'alterazione chimica delle rocce esposte agli agenti atmosferici (vento, pioggia, corsi d'acqua, gelo e disgelo ecc.) determinano la formazione dei frammenti;
  2. TRASPORTO DEI DETRITI: i frammenti vengono successivamente trasportati per spinta meccanica dal vento, dai ghiacciai, o dalle acque;
  3. SEDIMENTAZIONE DEI DETRITI: i frammenti (ad esempio quando si riduce la velocità della corrente di un fiume), si depositano formando dei sedimenti, che si accumulano in strati via via sempre più spessi;
  4. LITIFICAZIONE: ossia, trasformazione dei sedimenti in rocce. L'accumulo dei sedimenti determina una compressione dei sedimenti più profondi che vanno incontro a una compattazione, per effetto della pressione su di essi esercitata. Alla compattazione segue poi la cementazione dei sedimenti: le acque che si infiltrano tra i sedimenti depositano varie sostanze minerali che agiscono da "cemento".
La caratteristica più appariscente delle rocce sedimentarie sono gli strati; questi sono dovuti proprio perché i sedimenti si accumulano strato su strato fino a quando gli strati sottostanti sono così compatti che diventano consistenti quasi come una roccia ignea. 

ROCCE METAMORFICHE

Derivano da rocce appartenenti ai due precedenti gruppi che hanno subito una trasformazione (metamorfosi) della composizione mineralogica e della struttura. Le trasformazioni si verificano quando le rocce si vengono a trovare in condizioni di temperatura e pressione profondamente diverse da quelle in cui si sono formate.
In ogni caso, l'aumento di pressione e temperatura modifica la struttura cristallina dei minerali, che si dispongono in modo diverso. La trasformazione delle rocce metamorfiche avviene sempre allo stato solido, cioè non raggiungono la temperatura di fusione.

Tra le metamorfiche particolarmente noti sono: i marmi, che derivano dal calcare ricristallizzato; gli gneiss, che derivano da rocce argillose (ma anche dal granito); l'ardesia derivata da un'argillite.
Buona parte di queste rocce si forma per mezzo di grandi deformazioni della crosta terrestre, che portano alla formazione di catene montuose (orogenesi).

Tipi di metamorfismo


  1. Metamorfismo regionale
  2. Metamorfismo da pressione (o da carico)
  3. Metamorfismo di contatto